Mentre il presidente Sergio Mattarella confermava il fallimento dell’onorevole Roberto Fico nella sua ricerca di una nuova maggioranza a sostegno del governo Conte2, il suo sguardo era di giaccio. Quando poi ha rotto ogni indugio annunciando di conferire il nuovo incarico a Mario Draghi, se da una parte un tale annuncio ha sollevato gli animi, dall’altra è suonato come un autorevole monito del Presidente ai partiti sulla loro responsabilità nelle conseguenze di una tale scelta. A nessuno può sfuggire infatti che Mattarella ha conferito ad massimo esponente del liberalismo europeo l’incarico di portare alla ragione un movimento-partito come i 5S, la Lega salviniana e Fratelli d’Italia anti liberali e anti europei per vocazione culturale e politica. I quali dovranno farci sapere quanta parte dell’elettorato condivida la Costituzione liberale italiana.
Leggendo le prese di posizione di molti dei nostri parlamentari e dal florilegio delle strampalate opinioni politiche che viaggia su social, e nei talk show, non ne sono molto sicuro. Anzi, se guardiamo alla composizione del nostro Parlamento attuale si può riscontrare che ben oltre la metà dei deputati in (32% di 5S + il 17% della Lega e il 8% di Fratelli d’Italia e qualche frangia della sinistra radicale) si sono dichiarati in varie fasi e con diversi accenti anti liberali e anti europei. Approvano ancora la costituzione liberal democratica del 1948? Si sentono ancora parte dell’Unione Europea? Quali i loro progetti? Quali le loro prospettive? Quale economia propongono? Che cosa pensano sulla posizione dell’Italia in Europa, nel Mediterraneo e nel mondo?
Sappiamo che Matteo Salvini alla vicinanza con le istituzioni europee (dona ferentes con il New Generation-EU) preferisce quella “senza trappole” di Mosca, che la Meloni, con i suoi rigurgiti fascistoidi, tifava per un tipo come Donald Trump, che i 5S anti-casta, ma che ne sono quella nuova, con alle spalle una serie di fallimenti inescusabili e inescusati, senza uno straccio di programma occhieggiano alla UE per ragioni tattiche e guardano all’ America sbagliata: quella latina e non a quella rinnovata di Joe Biden, e piuttosto alla CIna; in quanto alla figura di Mario Draghi hanno farneticato di lui cose, che forse oggi non ripeterebbero, ma che non sono certo di buon auspicio per un nuovo governo che saranno chiamati a sostenere. Le reazioni di questi gruppi e dei social, che li seguono, alla nomina di Draghi è la prova che una parte non piccola degli italiani (persino la celebre signora di Voghera) ha già subito una sorta di mutazione antropologica e ci sta abituando ad un diverso tipo di comunicazione pubblica trasformando la nostra democrazia in una sorta di demo- idiozia, nella quale tutto ha diritto di ascolto politico: paragoni sballati, citazioni a sproposito e vere proprie assurdità che passano poi nel linguaggio usato persino in Parlamento che ne sta divenendo lo specchio. Questo peraltro è composto di molti deputati improvvisati, passivi ma saccenti, e di scarsa competenza, che sono la vera ragione del fallimento del governo Conte2.
Se così stanno le cose si può ben capire l’avversione che costoro, e i social più intemerati che li seguono, già manifestano per un personaggio come Mario Draghi, una persona di esperienza e di successo che appartiene alla categoria delle persone-guida affidabili di cui la democrazie sono sempre state avare, ma le sole di cui la gente ha ragione di fidarsi. Draghi è un liberale europeo di tipo einaudiano, attento agli altri, sicuro di ciò che dice, intellettualmente onesto e fedele alla massima einaudiana ”conoscere prima di deliberare”. E’ dunque qualcuno che i nostri improvvisati deputati farebbero bene ad imitare, invece di contrastare, e divenire essi stessi degli esempi per i più giovani e per un rinnovamento della politica in Italia.
“Il mio parere – scriveva Fyodor Dostoesky - è che ai nostri tempi non si sa più affatto chi s’ha da stimare in Russia. E bisogna riconoscere - concludeva amaramente - che, per un paese, non saper più chi s’ha da stimare è un’atroce calamità.“