Ti informiamo che, per migliorare la tua esperienza di navigazione questo sito utilizza dei cookie. In particolare il sito utilizza cookie tecnici e cookie di terze parti che consentono a queste ultime di accedere a dati personali raccolti durante la navigazione. Per maggiori informazioni consulta l'informativa estesa ai sensi dell'art. 13 del Codice della privacy. L'utente è consapevole che, proseguendo nella navigazione del sito web, accetta l'utilizzo dei cookie.

Vai al blog di Beppe Lopez su il Fatto quotidiano
macchina da scrivere

Blog

ILARIA COLOMBO

  • MAMMA EMILIA
    GIUSTA FRA LE NAZIONI

    data: 13/04/2021 19:54

    “L’albero diventerà un meraviglioso ulivo e sarà bello quanto lo era sua madre,(…) sono certa che lei fosse bella esteriormente e interiormente”. Lea Rabin, vedova del Premier israeliano Yitzhak Rabin martire del processo di pace in Medio Oriente, il 16 novembre 1998 a Gerusalemme pronuncia queste splendide parole durante la cerimonia in commemorazione per i dieci anni dalla scomparsa di Emilia Marinelli, nata a Sansepolcro nel 1902 e morta a Roma nel marzo del 1988. Durante la cerimonia Emilia Marinelli è stata insignita del titolo di “Giusta tra le Nazioni” ed è stato piantato in sua memoria un Albero dei Giusti; si tratta di un privilegio riservato dalla Comunità israelitica internazionale ai non ebrei che hanno salvato, con generosità e sprezzanti del pericolo, molti ebrei perseguitati dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. In quell’occasione Il Presidente Shimon Peres ha affermato che “è un onore e un piacere porgere rispetto ai suoi atti, alla sua persona e ai suoi sentimenti in questo posto straordinario. Che Dio la benedica.”.

    Ė la storia di una donna eccezionale che ha dedicato la sua vita alla famiglia e, con il rischio altissimo di subire rappresaglie, a tutti coloro che avevano bisogno del suo aiuto silenzioso e fattivo.
    Trasferitasi a Meolo nel 1938, l’anno in cui furono promulgate le leggi razziali, con il marito che gestiva un magazzino di tabacchi e i due figli Leo e Giancarlo Elia Valori, tra il settembre del 1943 e la fine di aprile del 1945, Emilia Valori ha accolto e protetto centinaia di famiglie ebree sottraendole allo sterminio nazista. Utilizzando l’ampio magazzino di tabacchi e la fitta rete di contatti ed informazioni derivanti dall’attività di famiglia, “Mamma Emilia”, come veniva affettuosamente chiamata, è riuscita a nascondere tante famiglie di ebrei provenienti da Milano, Ferrara e Venezia, e a gestire un’attività di raccordo, incoraggiamento e sostegno alle forze partigiane tra le quali militava il figlio maggiore Leo.

    Per tali ragioni il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con decreto dell’11 novembre del 2009 ha conferito a Emilia Marinelli Valori la Medaglia d’oro al merito civile, alla memoria, con la seguente motivazione: “Donna di elevatissime qualità umane e morali, nel corso del secondo conflitto mondiale, con eroico coraggio e a rischio della propria vita, offrì sostegno alle forze partigiane e organizzò un’attività clandestina per dare ospitalità e assistenza a molti ebrei e ad altri perseguitati, che riuscì a sottrarre alla deportazione e alla morte. Fulgido esempio di elette virtù civiche, di abnegazione e di generoso altruismo fondato sui più alti valori dell’umana solidarietà. 1938-1945 Meolo (VE)”.

    E’ una storia emozionante perché ci parla di una giovane donna, di una madre coraggiosa che continua ad essere nei tempi che viviamo, di grande incertezza sul futuro, un esempio luminoso di speranza per i giovani, come sottolineato dal figlio Giancarlo Elia, in occasione dell’omaggio che la Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) ha conferito alla madre, dedicandole la grande Aula Giubileo. La volontà di trasmettere l’esempio di questa donna coraggiosa soprattutto alle nuove generazioni che non hanno conosciuto gli anni della dittatura affinché sappiano preservare i valori supremi della libertà, dell’intangibilità della persona umana, della democrazia, è testimoniato anche dal premio istituito dalla “Fondazione Emilia Valori” all’interno dell’Accadémie de Sciences per i giovani ricercatori impegnati nelle scienze applicate. Il miglior modo di onorare la memoria di “Mamma Emilia” è incoraggiare i giovani, nei quali vedeva il futuro, ad avere coraggio e a perseguire gli ideali di fratellanza e di solidarietà umana.

    Leggendo il libro “Un albero per una vita”, scritto da Giancarlo Elia Valori, Honorable de l’Accadémie de Sciences de l’Institut de France, uno dei più importanti manager italiani, apprendiamo che “Mamma Emilia” era una giovane donna schiva ed energica che sapeva infondere forza e serenità in chi ha avuto il privilegio di conoscerla. Ella ha svolto un importante ruolo di raccordo con il Comitato di Liberazione Nazionale di Venezia, con le autorità ecclesiastiche di Venezia tra le quali l’allora Nunzio Apostolico Roncalli, poi Patriarca di Venezia ed amatissimo Papa Giovanni XXIII, Monsignor Agostini, vescovo di Padova e predecessore di Roncalli come Patriarca di Venezia, con pubblici funzionari e con persone comuni che, uniti da sentimenti di solidarietà cristiana, salvarono molti ebrei perseguitati. Nel libro dedicato alla madre, l’autore ricorda commosso anche la coraggiosa attività del fratello Leo, allora diciassettenne, che faceva parte dei gruppi di collegamento con le formazioni partigiane del Veneto le quali consentirono la liberazione e la salvezza di centinaia di persone destinate alla deportazione.

    Dalla copiosa documentazione raccolta dalle comunità ebraiche di Venezia e Milano e dall’Istituto di Storia della Resistenza nelle Tre Venezie dell’Università di Padova (ora Centro di Ateneo per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea), risulta l’aiuto generoso ricevuto, grazie all’azione di soccorso di Emilia Marinelli, da tante famiglie italiane come quella di una giovane coppia con due gemelli di quattro mesi a cui fu dato rifugio nel grande magazzino di tabacchi prima di aiutarla a rifugiarsi in Francia, ovvero l’assistenza prestata ad una signora ebrea di Ferrara con il figlio di cinque anni che fu nascosta da un amico medico con il nome di Luisa Valori. Per tali meriti le è stata conferita l’8 marzo 1965 da Papa Paolo VI la Croce pro Ecclesia et Pontefice, onorificenza introdotta con lettera apostolica “Quod Singulari Dei Concessu” da Papa Leone XIII, riconosciuta a quegli uomini e donne sia laici che ecclesiastici che si sono distinti per il loro servizio verso la Chiesa.

    Forza e coraggio, era questa la frase iniziale, accompagnata da un abbraccio, di ogni contatto di Emilia con i suoi collaboratori o con i fratelli bisognosi di aiuto” racconta il figlio e ci sembra di conoscere questa donna che è stata con discrezione maestra di vita e àncora di salvezza per tutte le persone che grazie a lei sono riuscite a sfuggire ai rastrellamenti dei nazisti.

    Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina, pur non avendola conosciuta direttamente, ha sottolineato, nella prefazione del libro, che “Mamma Emilia ci ha insegnato con semplicità e fermezza, attraverso la propria fede e la propria azione che “la vita è un bene che non ci appartiene, la vita è un fatto che riesce a divenire un valore, solo se noi sappiamo metterla al servizio degli altri”. Rita Levi Montalcini ha anche posto l’accento sul valore fondamentale “dell’impegno morale di preservare e tutelare la memoria di quanto è accaduto in un periodo tragico e vile della storia del nostro Paese, che l’eroismo e il coraggio di pochi hanno salvato dall’ignominia”.

    Tra le testimonianze di chi l’ha conosciuta colpisce quella dell’ex Ministro Enrico Ferri che descrive Emilia come una donna essenziale che sapeva pregare attraverso le cose semplici, come l’amore per i fiori che curava sul suo terrazzo, la passione per lavorare la lana ai ferri e all’uncinetto, l’amore per la cucina e per la casa. Chi l’ha conosciuta la descrive come una donna esile dai grandi occhi azzurri espressivi e vivaci che illuminavano il volto acqua e sapone, da cui trasparivano la sua dolcezza e pacatezza d’animo, il marcato senso dell’onore e dell’amicizia. Era una persona semplice ed al tempo stesso, come ricorda Ettore Bernabei, “accoglieva in casa sua gli ospiti con la dignità di una regina”. Attraverso la testimonianza di chi l’ha conosciuta la figura di “Mamma Emilia” è un esempio sempre attuale di rifiuto delle ideologie che incitano all’odio riconoscendo in ogni uomo, amico o nemico, un fratello.
     

  • FAKE NEWS E DEMOCRAZIA
    E VALORI DEDICO'
    IL SUO LIBRO A COSSIGA

    data: 18/07/2020 21:56

    L’ultimo saggio del professor Giancarlo Elia Valori, pubblicato per Lindau a giugno, dal significativo titolo “Liberi fino a quando? L’intelligenza artificiale, le fakenews e il futuro della democrazia” affronta l’attualissimo tema degli effetti che l’enorme sviluppo delle nuove tecnologie, del digitale ed i multiformi usi del web determinano nella nostra vita di ogni giorno, ma anche nell’ambito delle relazioni internazionali.
    Giancarlo Elia Valori, Honorable de l’Accadémie de Sciences de l’Institut de France, manager che ha guidato le più importanti società italiane ed economista esperto di geopolitica, è attualmente alla guida della società International Word Group e Presidente onorario della Huawei Italia. Docente di materie giuridiche ed economiche in alcuni degli atenei più prestigiosi in città come New York, Gerusalemme, Pechino, è stato insignito da François Mitterrand, nel 1992 della Legion d’Onore per essersi adoperato per la liberazione di tre francesi catturati in Iran.
    Nell’affrontare temi attuali come quello della intelligenza artificiale l’Autore spiega, con una non comune capacità di analisi, come l’accesso massiccio e diffuso alla rete se da un lato costituisce una grande opportunità offrendoci più comodità e strumenti potenziati di studio, dall’altra ci renda più vulnerabili alle manipolazioni oltre ad essere fornitori di dati a beneficio di pochi.
    Valori illustra con grande competenza le tecniche e i metodi attraverso cui l’Intelligenza artificiale genera un sempre maggiore impatto sull’economia, i sistemi produttivi, in campo militare, sulla geopolitica e l’intelligence e ci fa riflettere anche sulla necessità che vi sia un giusto equilibrio tra i pericoli dell’intelligenza artificiale per la nostra privacy, per la tutela delle Istituzioni e l’eguaglianza dei cittadini e gli enormi vantaggi che derivano dallo sviluppo tecnologico. Oltre ad affrontare il tema dell’impatto degli strumenti informatici avanzati sulle relazioni sociali, l’Autore mostra come questo fenomeno incida anche sulle relazioni tra gli Stati, dove gli equilibri geopolitici sono determinati anche dalla competizione nella ricerca e sviluppo tecnologico di sistemi informatici in cui oggi emergono gli investimenti cinesi e americani. Di qui la considerazione da parte di Valori del rischio di marginalizzazione dell’Unione Europea e dei singoli Paesi che la compongono qualora non recuperino il gap con i Paesi che hanno investito somme rilevantissime per le applicazioni commerciali di Intelligenza artificiale.
    Il libro è dedicato a Francesco Cossiga: “Appassionato, come pochi, sulla scena internazionale, di intelligence e di sistemi di informazione e contro-informazione, ha fatto in tempo ad assistere alla nascita di ciò che si studia in questo volume: il web, l’online, l’intelligenza artificiale... Con una preveggenza unica nel mondo occidentale, fu il solo statista a comprendere sino in fondo le conseguenze del crollo del Muro di Berlino. In un momento così terribile per l’Italia e il mondo, sarebbero preziosi la sua lucidità politica e intellettuale, le sue analisi e le sue proposte, il suo vasto sistema di relazioni internazionali”.
     

  • IN FARMACIA LETTERARIA
    SI VENDONO LIBRI
    PER OGNI TERAPIA...

    data: 18/06/2020 16:16

    “Se entro in una libreria esco con l’umore aggiustato, se apro un social network lo richiudo con l’umore peggiorato” scrive Nadia Terranova sulle colonne del Foglio (del 6 febbraio 2020) a proposito della funzione “terapeutica“ che possono avere i libri e le librerie.
    Su questo tema la scrittrice Elena Molini ha trasformato la sua idea che i libri possano rappresentare una cura per l’anima delle persone in un lavoro appassionante.
    Nel suo primo romanzo, intitolato La piccola farmacia letteraria edito dalla Mondadori, l’autrice racconta della libreria di Firenze, da lei creata, dove i libri non sono catalogati per genere, ma si trovano “in disordine sentimentale sparso, illogico come sono le emozioni, la vita, e imprevedibili come il futuro”.
    L’idea è quella che ogni libro abbia un’etichetta che spieghi a chi quel libro è indicato e perché, come accade nelle farmacie con i bugiardini dei medicinali che contengono le indicazioni terapeutiche.
    La piccola farmacia letteraria non è solo un libro sull’amore per i libri. La protagonista si definisce “una respiratrice di libri professionista”, ma è soprattutto una storia di determinazione e di coraggio, di amicizia e di intensi rapporti umani raccontati con sapiente autoironia.
    Ci sembra di vederla nel suo dolcevita infeltrito verde sottobosco proprio nel momento in cui incontra il suo probabile “principe azzurro”, o mentre fa lo slalom in bicicletta tra i turisti distratti per le stradine di Firenze per raggiungere la sua piccola libreria in periferia.
    La sua è una storia di determinazione e di coraggio nel momento in cui, dovendo scegliere tra un lavoro che l’avrebbe spenta pian piano ed inseguire il suo progetto di aprire una libreria, ha deciso, contro ogni valutazione economica di fattibilità, di perseverare.
    Il romanzo racconta anche una storia di amicizia e di complicità tra la protagonista e le persone che sostenendola e credendo in lei l’hanno ispirata ed accompagnata nell’avventura.
    La lista dei ringraziamenti in calce al romanzo, infatti, è lunga e tra tutti ci colpisce quello alla nonna Ines “per tutti i pomeriggi passati insieme, per le caramelle Rossana e per tutte le volte che si è imbattuta nel mio brutto carattere senza farmelo notare”, forse perché è facile identificarsi nel sentimento di gratitudine verso i nonni che rappresentano per molti di noi la poesia della vita.

     

  • SCRIVERE PER VOCAZIONE

    data: 29/11/2018 20:03

    Annalena Benini, nel suo libro La scrittura o la vita, pubblicato da Rizzoli, intervista dieci scrittori italiani contemporanei per condividere il significato della vocazione di scrivere.
    Alice Munro - racconta l’Autrice - quando la figlia di due anni le andava incontro mentre era alla macchina da scrivere con una mano la scansava e con l’altra continuava a scrivere e si sentiva una giovane donna spietata, che obbediva al padrone della sua vita.
    L’idea di vocazione per Annalena Benini non è innocua, non è uno svago e non è una consolazione è un fuoco, una specie di follia, la scintilla che porta all’esaltazione o al tormento, che tiene sempre in piedi anche la possibilità del fallimento.
    La giornalista de Il Foglio ha scelto dieci scrittori italiani - Edoardo Albinati, Sandro Veronesi, Michele Mari, Melania Mazzucco, Patrizia Cavalli, Francesco Piccolo, Domenico Starnone, Valeria Perrella, Alessandro Piperno, Walter Siti – vicini alla sua idea di vocazione e anche disposti a spiegarla.
    Francesco Piccolo usa la metafora del cubetto di ghiaccio nel cuore che davanti ad ogni cosa e a ogni persona e a ogni situazione gli fa dire soprattutto: “Scrivi”. Racconta anche del senso d’inadeguatezza che da questa vocazione gli deriva: “Mi sento sempre insufficiente come marito, ho sempre l’impressione che si chiedano se ci sono veramente, se sono almeno un po’ affidabile, non so se sia un difetto professionale o un difetto esistenziale.”
    Per Alessandro Piperno “scrivere è semplicemente un’esigenza come mangiare e bere” e Annalena Benini è molto abile nel fargli raccontare l’ansia di scrivere un nuovo libro dopo il successo del primo romanzo Con le peggiori intenzioni; l’ironia che serve a rimanere con i piedi per terra nelle parole della sua compagna quando lui non smetteva di chiedersi che cosa avrebbe fatto Flaubert al posto suo: ”Ale, tu non sei Flaubert!”

    Patrizia Cavalli ci racconta, della sua mentore, Elsa Morante, della felicità per il riconoscimento, dopo aver letto le sue poesie. “Patrizia , sono felice: sei una poeta!”. E poi un giorno le telefona per dirle “Sono qui a correggere le bozze della Storia, ma ho guardato il tuo libro e penso che dovrebbe intitolarsi  Le mie poesie non cambieranno il mondo. La scrittura, le poesie hanno, per Patrizia Cavalli la forma dell’opus incertum “qualcosa che deve incastrarsi con un’altra ma senza prepotenza (…) non è la semplice volontà a crearle”.