“L’albero diventerà un meraviglioso ulivo e sarà bello quanto lo era sua madre,(…) sono certa che lei fosse bella esteriormente e interiormente”. Lea Rabin, vedova del Premier israeliano Yitzhak Rabin martire del processo di pace in Medio Oriente, il 16 novembre 1998 a Gerusalemme pronuncia queste splendide parole durante la cerimonia in commemorazione per i dieci anni dalla scomparsa di Emilia Marinelli, nata a Sansepolcro nel 1902 e morta a Roma nel marzo del 1988. Durante la cerimonia Emilia Marinelli è stata insignita del titolo di “Giusta tra le Nazioni” ed è stato piantato in sua memoria un Albero dei Giusti; si tratta di un privilegio riservato dalla Comunità israelitica internazionale ai non ebrei che hanno salvato, con generosità e sprezzanti del pericolo, molti ebrei perseguitati dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. In quell’occasione Il Presidente Shimon Peres ha affermato che “è un onore e un piacere porgere rispetto ai suoi atti, alla sua persona e ai suoi sentimenti in questo posto straordinario. Che Dio la benedica.”.
Ė la storia di una donna eccezionale che ha dedicato la sua vita alla famiglia e, con il rischio altissimo di subire rappresaglie, a tutti coloro che avevano bisogno del suo aiuto silenzioso e fattivo.
Trasferitasi a Meolo nel 1938, l’anno in cui furono promulgate le leggi razziali, con il marito che gestiva un magazzino di tabacchi e i due figli Leo e Giancarlo Elia Valori, tra il settembre del 1943 e la fine di aprile del 1945, Emilia Valori ha accolto e protetto centinaia di famiglie ebree sottraendole allo sterminio nazista. Utilizzando l’ampio magazzino di tabacchi e la fitta rete di contatti ed informazioni derivanti dall’attività di famiglia, “Mamma Emilia”, come veniva affettuosamente chiamata, è riuscita a nascondere tante famiglie di ebrei provenienti da Milano, Ferrara e Venezia, e a gestire un’attività di raccordo, incoraggiamento e sostegno alle forze partigiane tra le quali militava il figlio maggiore Leo.
Per tali ragioni il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con decreto dell’11 novembre del 2009 ha conferito a Emilia Marinelli Valori la Medaglia d’oro al merito civile, alla memoria, con la seguente motivazione: “Donna di elevatissime qualità umane e morali, nel corso del secondo conflitto mondiale, con eroico coraggio e a rischio della propria vita, offrì sostegno alle forze partigiane e organizzò un’attività clandestina per dare ospitalità e assistenza a molti ebrei e ad altri perseguitati, che riuscì a sottrarre alla deportazione e alla morte. Fulgido esempio di elette virtù civiche, di abnegazione e di generoso altruismo fondato sui più alti valori dell’umana solidarietà. 1938-1945 Meolo (VE)”.
E’ una storia emozionante perché ci parla di una giovane donna, di una madre coraggiosa che continua ad essere nei tempi che viviamo, di grande incertezza sul futuro, un esempio luminoso di speranza per i giovani, come sottolineato dal figlio Giancarlo Elia, in occasione dell’omaggio che la Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) ha conferito alla madre, dedicandole la grande Aula Giubileo. La volontà di trasmettere l’esempio di questa donna coraggiosa soprattutto alle nuove generazioni che non hanno conosciuto gli anni della dittatura affinché sappiano preservare i valori supremi della libertà, dell’intangibilità della persona umana, della democrazia, è testimoniato anche dal premio istituito dalla “Fondazione Emilia Valori” all’interno dell’Accadémie de Sciences per i giovani ricercatori impegnati nelle scienze applicate. Il miglior modo di onorare la memoria di “Mamma Emilia” è incoraggiare i giovani, nei quali vedeva il futuro, ad avere coraggio e a perseguire gli ideali di fratellanza e di solidarietà umana.
Leggendo il libro “Un albero per una vita”, scritto da Giancarlo Elia Valori, Honorable de l’Accadémie de Sciences de l’Institut de France, uno dei più importanti manager italiani, apprendiamo che “Mamma Emilia” era una giovane donna schiva ed energica che sapeva infondere forza e serenità in chi ha avuto il privilegio di conoscerla. Ella ha svolto un importante ruolo di raccordo con il Comitato di Liberazione Nazionale di Venezia, con le autorità ecclesiastiche di Venezia tra le quali l’allora Nunzio Apostolico Roncalli, poi Patriarca di Venezia ed amatissimo Papa Giovanni XXIII, Monsignor Agostini, vescovo di Padova e predecessore di Roncalli come Patriarca di Venezia, con pubblici funzionari e con persone comuni che, uniti da sentimenti di solidarietà cristiana, salvarono molti ebrei perseguitati. Nel libro dedicato alla madre, l’autore ricorda commosso anche la coraggiosa attività del fratello Leo, allora diciassettenne, che faceva parte dei gruppi di collegamento con le formazioni partigiane del Veneto le quali consentirono la liberazione e la salvezza di centinaia di persone destinate alla deportazione.
Dalla copiosa documentazione raccolta dalle comunità ebraiche di Venezia e Milano e dall’Istituto di Storia della Resistenza nelle Tre Venezie dell’Università di Padova (ora Centro di Ateneo per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea), risulta l’aiuto generoso ricevuto, grazie all’azione di soccorso di Emilia Marinelli, da tante famiglie italiane come quella di una giovane coppia con due gemelli di quattro mesi a cui fu dato rifugio nel grande magazzino di tabacchi prima di aiutarla a rifugiarsi in Francia, ovvero l’assistenza prestata ad una signora ebrea di Ferrara con il figlio di cinque anni che fu nascosta da un amico medico con il nome di Luisa Valori. Per tali meriti le è stata conferita l’8 marzo 1965 da Papa Paolo VI la Croce pro Ecclesia et Pontefice, onorificenza introdotta con lettera apostolica “Quod Singulari Dei Concessu” da Papa Leone XIII, riconosciuta a quegli uomini e donne sia laici che ecclesiastici che si sono distinti per il loro servizio verso la Chiesa.
“Forza e coraggio, era questa la frase iniziale, accompagnata da un abbraccio, di ogni contatto di Emilia con i suoi collaboratori o con i fratelli bisognosi di aiuto” racconta il figlio e ci sembra di conoscere questa donna che è stata con discrezione maestra di vita e àncora di salvezza per tutte le persone che grazie a lei sono riuscite a sfuggire ai rastrellamenti dei nazisti.
Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina, pur non avendola conosciuta direttamente, ha sottolineato, nella prefazione del libro, che “Mamma Emilia ci ha insegnato con semplicità e fermezza, attraverso la propria fede e la propria azione che “la vita è un bene che non ci appartiene, la vita è un fatto che riesce a divenire un valore, solo se noi sappiamo metterla al servizio degli altri”. Rita Levi Montalcini ha anche posto l’accento sul valore fondamentale “dell’impegno morale di preservare e tutelare la memoria di quanto è accaduto in un periodo tragico e vile della storia del nostro Paese, che l’eroismo e il coraggio di pochi hanno salvato dall’ignominia”.
Tra le testimonianze di chi l’ha conosciuta colpisce quella dell’ex Ministro Enrico Ferri che descrive Emilia come una donna essenziale che sapeva pregare attraverso le cose semplici, come l’amore per i fiori che curava sul suo terrazzo, la passione per lavorare la lana ai ferri e all’uncinetto, l’amore per la cucina e per la casa. Chi l’ha conosciuta la descrive come una donna esile dai grandi occhi azzurri espressivi e vivaci che illuminavano il volto acqua e sapone, da cui trasparivano la sua dolcezza e pacatezza d’animo, il marcato senso dell’onore e dell’amicizia. Era una persona semplice ed al tempo stesso, come ricorda Ettore Bernabei, “accoglieva in casa sua gli ospiti con la dignità di una regina”. Attraverso la testimonianza di chi l’ha conosciuta la figura di “Mamma Emilia” è un esempio sempre attuale di rifiuto delle ideologie che incitano all’odio riconoscendo in ogni uomo, amico o nemico, un fratello.